Area Management
 
 

L’IMPORTANZA DEL “CONTROLLO DI GESTIONE” NEL MANAGEMENT IN SANITÀ

Gianfranco Carnevali, Maria Concetta Patisso*
 Ex Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, *Dirigente Medico - Azienda Ospedaliera di Perugia


 

1. Aspetti generali del “management”

La  parole  “management” è assunta ed utilizzata con significati diversi nel senso che per alcuni sta a significare:
- l’attività di pianificazione e controllo
- la risorsa operativa finalizzata a realizzare e  controllare i fenomeni di cambiamento
- la capacità (qualcuno la chiama, addirittura “arte”) di ottenere che persone con ruoli e professionalità diverse operino insieme per aggiungere concretamente i risultati desiderati per altri:
- la gestione del cambiamento in situazione di risorse limitate, per altri ancora:
- la capacità di guidare un’organizzazione al raggiungimento di obiettivi prefissati
- l’uso razionale dei fattori di produzione
- la capacità di motivare il personale dirigente ad esercitare leadership
- l’attività di direzione  che impone l’uso di metodi scientifici.

Secondo un altro gruppo di pensiero (Megginson e coll.) il management è
LA SCIENZA- LA DISCIPLINA- L’ARTE che opera con risorse umane finanziarie e fisiche per raggiungere 
gli obiettivi dell’organizzazione .                                                  “

Come termine anglosassone di uso universale, il termine indica “l’insieme delle tecniche di gestione delle organizzazioni, il complesso delle funzioni di gestione ed, anche, il gruppo di dirigenti all’interno dell’organizzazione 
cioè è

scienza      sicuramente     orientata  all’efficacia            ed         all’efficienza
che dovrebbe permeare tutte le “organizzazioni” a qualsiasi livello organizzativo.


In tale ottica sono comprensibili gli interventi di cui al D.L.gs. 30 dicembre 1992, n.502 come modificato successivamente ed, in ultimo, con il D.L.gs. 19 giugno 1999,n.229, con i quali era stato disposto e/o disciplinato:
- l’affievolimento della presenza di stato, regione, provincia e comune nel governo e nella gestione delle prestazioni e dei servizi finalizzati alla tutela  della salute psico-fisica di tutti i cittadini in piena coerenza con la previsione di cui all’art. 32 della carta costituzionale, a tutto vantaggio dei nuovi soggetti pubblici del Servizio Sanitario Nazionale: le Aziende-Unità Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere;
- il riconoscimento alle Aziende Sanitarie della “personalità giuridica pubblica” e dell’autonomia “organizzativa amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica” in sede del D.L.gs. n. 502/1992 e di quella “imprenditoriale” in sede di D.L.gs. n.229/1999.A quest’ultimo riguardo va rilevata la maggiore ampiezza dell’autonomia conseguente dall’uso dell’aggettivo “imprenditoriale “ (cioè tipica dell’imprenditore privato) in sostituzione dei precedenti sei aggettivi;
- la responsabilizzazione del Direttore Generale sui risultati qualitativi ed economici;
- la razionalizzazione dell’uso delle risorse;
- la privatizzazione del rapporto di lavoro con le Aziende Sanitarie, in coerenza anche con le disposizioni del D.L.gs.3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche ed integrazioni;
- l’introduzione di alcuni strumenti tipici dell’impresa privata quali:
- la contabilità analitica,
- l’informatizzazione come strumento routinario di operatività,
- il controllo di gestione,
- il sistema informativo complessivo,
- l’attenzione alla qualità del prodotto (prestazioni e servizi sanitari),
- l’atto aziendale come “documento” di estrinsecazione dell’ ”autonomia imprenditoriale” attraverso cui definire la “mission” aziendale e la macro-struttura per perseguirla,
- l’obbligo per le singole Aziende Sanitarie di informare la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità nel rispetto del vincolo di bilancio
- la introduzione, obbligatoria, dell’organizzazione dipartimentale quale modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività svolte
- il nuovo ruolo e le nuove responsabilità della dirigenza ed, in particolare, della dirigenza sanitaria
 
 

2. Considerazioni sulle modalità di svolgimento dell’”attività di direzione”

Se è vero che  i dettati legislativi testè richiamati impongono l’introduzione, tra l’altro, della “contabilità analitica” e del “controllo di gestione” come “strumenti tipici dell’impresa privata” da utilizzare obbligatoriamente per realizzare la gestione manageriale delle  aziende sanitarie, per cui, anche in relazione al tipo di approfondimento che ci è stato richiesto di sviluppare, è scontato che di “controllo di gestione in sanità” e quindi dei suoi aspetti/elementi più significativi dovremo per forza interessarci, ci sembra parimenti opportuno, per non dire necessario, premettere a detto approfondimento un breve richiamo:
a) ai tempi e risultati che il controllo di gestione ha consentito all’interno delle imprese private,
b) alle normative attraverso le quali il controllo di gestione è stato introdotto dal legislatore italiano quale strumento irrinunciabile di verifica dei risultati nelle pubbliche amministrazioni in generale  e nei soggetti pubblici del comparto sanità, in particolare.
 

Ai fini in questione, con riferimento al primo dei due aspetti richiamati, va rilevato che l’attività di direzione presso qualsiasi “organizzazione complessa” può svilupparsi attraverso due diversi tipi di “approccio” e cioè:
- un approccio che è stato definito del “vivere alla giornata” od anche del “giorno per giorno”
- un approccio che è stato definito “razionale/anticipatorio”.
L’approccio “vivere alla giornata” o del “giorno per giorno”, peraltro utilizzato con buoni risultati anche in tante imprese italiane, non abbisogna di formalizzazione; esso è la conseguenza delle decisioni quotidiane del responsabile dell’organizzazione il quale opera in base alle conoscenze (molto spesso poche) che ha, ma soprattutto facendo affidamento sul proprio intuito. Tale tipo di approccio è realizzato soprattutto nelle imprese a gestione personale od al massimo familiare nel senso che il proprietario-fondatore tramanda ai suoi discendenti oltre all’impresa anche le modalità di sua conduzione, facendosi carico di affiancarsi, negli ultimi anni della sua gestione, colui che è stato prescelto per  subentrargli. Le fortune di tale tipo di approccio sono molto spesso legate al “carisma” di chi ha la responsabilità dell’organizzazione; infatti tale “carisma” gli consente facilità di rapporti con l’esterno e quindi con i soggetti terzi che sono direttamente od indirettamente  interessati all’attività realizzata e coinvolgimento/responsabilizzazione degli operatori utilizzati per realizzarlo, sentendosi questi ultimi  parte dell’organizzazione stessa (in alcuni casi addirittura sentono il “padrone” come “padre”!?!). Un elemento importante per la buona riuscita di un’attività direzionale del tipo in questione è la “stabilità” del soggetto/direttore. 
L’approccio così detto “razionale anticipatorio” impone invece che si formalizzi un sistema di pianificazione e controllo da mettere a disposizione di tutti coloro che direttamente od indirettamente partecipano non solo alla fase “decisionale” ma anche a quella “operativa”. 
In tale  contesto chi è titolare delle decisioni strategiche:
- provvede, attraverso specifici formali documenti di pianificazione e programmazione, alla definizione degli obiettivi da conseguire nel “breve”, “medio” e “lungo” periodo in funzione delle  caratteristiche d’ambiente e d’impresa facendosi carico di assicurare la loro costante e tempestiva revisione nel tempo e, nel contempo, 
- guida o meglio, è in grado di guidare l’impresa attraverso un adeguato sistema di controlli verso gli obiettivi predefiniti siano essi immutati rispetto all’iniziale momento di programmazione piuttosto che rivisitati in conseguenza delle revisioni “costanti” cui si è fatto cenno.
Tale tipo di approccio in quanto “comunicato” agli operatori dell’impresa seppure in momenti diversi ed a cascata, è in grado di comunicarli e responsabilizzarli al raggiungimento degli obiettivi aziendali avendo, in precedenza, acquisita la condivisione sugli stessi nonchè sulle strategie attraverso cui perseguibili. 
Pur se, come si è accennato, in alcune realtà – anche complesse- sono stati ottenuti risultati esaltanti con un’attività direzionale di tipo “giorno per giorno”, non vi è dubbio che il comportamento direzionale di tipo “razionale/anticipatorio” va considerato quello  più adatto per la gestione delle realtà più complesse. 
Una siffatta affermazione è supportata dai comportamenti posti in essere per oltre un secolo nelle imprese private di tutto il mondo a partire, soprattutto, da quelle poste sul territorio degli Stati Uniti d’America, laddove la prima applicazione del “controllo di gestione” (seppure in forma embrionale) si ebbe nel lontano 1890, con il metodo così detto delle “informazioni di costo per l’attività di direzione”.
Negli anni che seguirono il controllo di gestione sperimentò procedure diverse, sempre più evolute e raffinate che svilupparono nell’anno 1984, il così detto “activity based costing”. 
A posteriori si è affermato dagli esperti in materia che, i vari sistemi/metodi di controllo di gestione utilizzati hanno contribuito in maniera, molto spesso, determinante ad elevare i risultati, le performances aziendali in quanto:
- hanno reso governabili organizzazioni sempre più complesse,
- si sono rilevati come antidoto efficace per affrontare il cambiamento ed il dinamismo ambientale,
- hanno reso praticabile stili di direzione maggiormente partecipativi,
- si sono rilevati “strumento” per coinvolgere altri attraverso l’istituto della “delega” nel momento decisionale “ senza perdere il controllo” della gestione complessiva dell’organizzazione.
In un contesto quale  quello ricordato, può sembrare inaccettabile l’affermazione di Jhonson H.T. e Kaplan R.S., i quali, nel testo “ The rise and fall of management accounting” pubblicato nell’anno 1987 affermarono che:
“ I sistemi di contabilità direzionale in uso nelle imprese moderne sono inadeguati. In questo momento di rapido mutamento tecnologico, di forte concorrenza nazionale ed internazionale e di grandissimo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, i sistemi di contabilità per la direzione non forniscono più informazioni utili e tempestive per il governo del processo di produzione, per la determinazione del costo del prodotto, per la valutazione delle performance manageriali”. 
In verità a tale prima affermazione ne seguirono negli anni successivi altre il cui contenuto era sostanzialmente dello stesso tenore; infatti
- nel 1990, vari autori, in un articolo pubblicato sul numero di novembre “Do financial and non financial measures have to agree?, Management Accounting,”:“I report di tipo economico-finanziario (es. conti economici parziali, budget, analisi dei margini, ecc., forniscono informazioni troppo aggregate, troppo tardive e troppo mono-dimensionali per essere di qualche utilità per i manager operativi. I manager chiedono ai sistemi di controllo indicazioni precise, tempestive e rilevanti per capire le  vere cause dei problemi, per intraprendere le azioni correttive e per sostenere il processo decisionale a tutti i livelli dell’organizzazione”;
-  ancora nel 1990, Dixon J.R., Nanni A.J. e Vollmann.T.E, nel testo “The new performance  challenge,”: “I sistemi di controllo tradizionali che confondono l’azione dei manager e spingono alla piena utilizzazione delle strutture sono in effetti i peggiori nemici dell’efficienza”; 
- nel 1991, Eccles Robert G., in un articolo apparso sul numero di “The performance measurement manifesto, Harvard Business Review”: “Per molti anni, i manager delle aziende operanti nei settori più svariati hanno cominciato a ripensare il “come” leggere le performance nei propri business. Hanno scoperto che nuove strategie  e nuovi scenari competitivi richiedono nuovi sistemi di misurazione. Ora sono pesantemente impegnati nel mettere a fuoco e nello sviluppare questi sistemi nelle proprie aziende”; 
- nel 1992, Linch R.L. e Cross K.F. nel testo “migliorare la performance aziendale” edito da Franco Angeli, hanno affermato che: “La maggior parte dei metri di misura delle imprese sono troppo corti,  troppo rigidi oppure sono impiegati come la bacchetta del maestro di una volta, ovvero per punire più che motivare”; 
- nel 1997, Atkinson A.A., Waterhouse J.H. e Wells R.B., in un articolo “A Stakeholder approach to strategic performance measurement” : “I sistemi di misurazione baricentrati essenzialmente sulle grandezze di specie economico-finanziaria mancano del focus e dell’affabilità necessaria per guidare l’attività di direzione. …..La conclusione più ovvia è che questi sistemi hanno misurato troppe cose e, ciò che è più grave, le cose sbagliate”. 
 La situazione di cui si è accennato, tipica del mondo statunitense, non è significativa per la realtà delle imprese private italiane né, tantomeno, per quella delle pubbliche amministrazioni italiane le quali ultime, come vedremo fra poco, solo ultimamente sono state avviate sulla strada della contabilità analitica e su quella del controllo di gestione.
 

3. Il controllo di gestione nelle pubbliche amministrazioni ed in particolare nelle Aziende Sanitarie italiane.

L’inefficienza conclamata della Pubblica Amministrazione aveva indotto il legislatore, a partire dagli inizi degli anni ’90, a dettare norme finalizzate a realizzare il superamento della organizzazione burocratica che aveva caratterizzato e caratterizzava ancora i “soggetti” della stessa e quindi a trasformarli in “soggetti” capaci di utilizzare in maniera efficiente tutte le risorse disponibili  con l’obiettivo di fornire servizi/prestazioni altamente qualificati e quindi in grado di soddisfare le attese dei singoli, nei vari campi di intervento della Pubblica Amministrazione, cioè di fornire risposte efficaci alle istanze dagli stessi rappresentate. 
  In tale contesto appariva doveroso il superamento della gestione di tipo esclusivamente “formalistico” in atto e quindi l’inserimento, al suo posto, di una gestione di tipo manageriale. 
  Al fine di raggiungere l’obiettivo  si ritenne che i singoli soggetti della Pubblica Amministrazione dovessero realizzare lo svolgimento delle procedure e concretizzare un rapporto singolo con l’utenza, individuando quali strumenti l’introduzione delle tecnologie  informatiche e rispettivamente la partecipazione dei cittadini alla fase di formazione delle decisioni (L. 7 agosto 1990, n.241) nonché la costituzione degli uffici per le relazioni con il pubblico (URP: D.L.gs. 3 febbraio ’93, n.29, art.12).

  L’introduzione delle tecnologie informatiche fu però considerata – a giusta ragione – anche come strumento per realizzare non solo la contabilità “generale” in luogo di quella finanziaria ma anche  un qualsiasi sistema di controllo di gestione in grado di fornire al management gli elementi di conoscenza necessari per assumere tempestivamente, decisioni puntuali e quindi appropriate rispetto al raggiungimento degli obiettivi predeterminati in piena assonanza con le richieste e le aspettative dell’utenza.
  Al riguardo è da rilevare l’obbligo di costituzione e gestione di servizi di controllo interno e, quindi, la realizzazione del controllo di gestione, previsto e disciplinato per tutte le Pubbliche Amministrazioni dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs 3 febbraio 1993 n.29. D’altra parte il combinato disposto della richiamata normativa con quella dettata dall’art. 3, comma 6, del D.L. 30 dicembre 1992 n.502 come modificato con il D.Lgs 7 dicembre 1993, n.517, consente di affermare che le Aziende Sanitarie erano obbligate a modificare il loro modo di operare basato sull’osservanza di meri aspetti formali per concretizzare un sistema teso al raggiungimento – da verificare – dei risultati, nel presupposto che l’utilizzo delle risorse dovesse essere informato a criteri di “razionalità” e quindi di “economicità” pur nel rispetto della massima efficacia delle attività svolte. 
  In tale contesto il richiamato D.Lgs n.502/1992 aveva peraltro resa obbligatoria l’introduzione nelle Aziende Sanitarie della contabilità analitica per centri di costo in sostituzione di quella finanziaria onde: 
- consentire il controllo delle modalità di utilizzo delle risorse disponibili,
- responsabilizzare i singoli centri di costo e quindi chi fosse preposto agli stessi sul razionale uso delle risorse, sulla quantità e qualità delle attività, sui costi sopportati e sui ricavi realizzati e cioè per dirla con una espressione di comune uso “sul rapporto costi/benefici”.
La normativa richiamata ha avuto un ulteriore momento di evoluzione all’interno del dettato del D.Lgs 19 giugno 1999, n.229, il quale modificando il precedente testo ha riformulato l’art.5 del D.Lgs 30 dicembre 1992, n.502, nel senso – tra l’altro – di obbligare le aziende ospedaliere alla tenuta di una contabilità analitica oltre che per “centri di costo” anche per “centri di responsabilità”.
 
 
 

4. Il controllo di gestione in sanità

Tenuto conto della normativa richiamata ed in particolare della normativa secondo la quale la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle Aziende Sanitarie deve avvenire organizzando e gestendo una "“contabilità analitica per centri di costo e di responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati” va evidenziato come al Direttore Generale di qualsiasi azienda sia consentito e consentibile uno “stile di direzione” del tipo “vivere alla giornata”/“giorno per giorno” esclusivamente per il tempo necessario ad acquisire la piena conoscenza della realtà della quale gli è stata affidata la responsabilità, semprechè – anche una volta conosciuta detta realtà – non vi ostino altri elementi.
D’altra parte è nostra convinzione che, pur non volendo considerare la scelta del legislatore, per poter gestire convenientemente Aziende complesse quali sono quelle che erogano prestazioni e servizi sanitari, sia necessario sviluppare una attività direzionale con approccio “razionale/anticipatorio” (e, cioè, lo ricordiamo basata sulla programmazione e sul controllo); infatti un’attività direzionale basata sull’approccio “vivere alla giornata” o del “giorno per giorno” va ritenuta non congrua non solo per la complessità che caratterizza tali tipi di aziende ma anche perché la tipologia di approccio in questione presuppone, perché sia possibile -solo- sperare di ottenere dei buoni risultati  un periodo di stabilità nella direzione di media-lunga durata cioè di  una situazione che è verificabile solo in rare situazioni.
 Tornando al controllo di gestione inteso quale sistema/strumento per realizzare la gestione di tipo manageriale delle Aziende Sanitarie voluta dal legislatore, va detto che lo stesso deve concretizzarsi “nell’attività” attraverso la quale la direzione aziendale (strategica ma, anche, operativa) verifica che la gestione si sta svolgendo in maniera efficace, funzionale, efficiente ed economica, e quindi sia tale da permettere il raggiungimento degli obiettivi generali predefiniti dalla direzione generale nel documento di pianificazione (di medio-lungo periodo) aziendale (PAL:Piano Attuativo Locale) in coerenza con gli indirizzi e le scelte della programmazione sanitaria nazionale e regionale.
 Qualunque sia il sistema di controllo realizzato va detto che lo stesso
- va incentrato sui risultati registrati dall’organizzazione e sul rapporto degli stessi con le risorse utilizzate per conseguirli,
- deve servire a rimodellare l’organizzazione nonché i comportamenti dei soggetti maggiormente coinvolti nei processi decisionali ed operativi,
- deve avere la capacità di coinvolgere tutti gli operatori di cui l’organizzazione si avvale.
Per perseguire il suddetto obiettivo molte Aziende Sanitarie hanno previsto  l’istituzione di uno specifico “ufficio di staff”, peraltro ora resa obbligatoria, dettato del recente Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n.286, un ufficio cioè che utilizzi persone e strumenti allo scopo di raccogliere, archiviare, elaborare e valutare tutte le informazioni necessarie al processo  decisionale dell’Azienda.

Le informazioni devono essere
- chiare
- disponibili
- affidabili
- tempestive
e quindi devono derivare direttamente dalla gestione ordinaria.
 
 

5. Conclusioni  

Da quanto precede risulta inequivocabilmente che le Aziende Sanitarie devono dotarsi –nel caso in cui non lo abbiano (colpevolmente!) ancora fatto – di un sistema di controllo di gestione non solo per attuare la previsione legislativa ma anche per sperare di assicurare con pienezza, in un contesto di “rete”, i servizi e le prestazioni finalizzate alla tutela psico-fisica di ciascuna persona/cittadino. 
  A tale ufficio di staff potrebbe essere affidata anche  ogni competenza in materia di così detta “qualità gestionale”, sia al fine di “monitorare” un aspetto molto importante per la definizione dei processi decisionali sia al fine di accrescere gli aspetti non puramente ed esclusivamente “economici” che –troppo spesso- lo stesso assume anche in conseguenza del fatto che la relativa responsabilità è, di norma, attribuita ad un dirigente del ruolo amministrativo o comunque fortemente caratterizzato, professionalmente, nel settore economico.
  A nostro parere, invece, la responsabilità dell’ufficio di staff  “Controllo di gestione” (perché non chiamarlo “controllo di gestione e della qualità gestionale”?) dovrebbe essere affidata ad un dirigente del ruolo sanitario -possibilmente medico- che abbia particolare dimestichezza nel settore informatico ed in quello economico. 
Circa il tipo di “controllo di gestione” da realizzare tra i tanti “messi a punto” durante circa un secolo di esperienze nell’impossibilità di fornire una indicazione puntuale, riteniamo comunque importante sollecitare l’attenzione sul fatto che la  scelta venga effettuata tra le tipologie di controllo di gestione che siano in grado di 
“eliminare od, almeno, circoscrivere i limiti  più evidenti (dei quali si è accennato in precedenza) derivanti dall’approccio tradizionale  e, conseguentemente, di migliorarne significativamente:
- l’orientamento ai processi
- la multidimensionalità 
- la dimensione strategica
- l’orientamento all’esterno.                                                                                                        “
 

Un controllo di gestione che risponda alle caratteristiche esplicitate:
a) è utile non solo al Direttore Generale o, più in generale, ai componenti della Direzione Generale, ma anche a tutti coloro che hanno responsabilità di programmazione, organizzazione e gestione dei “servizi sanitari” e quindi anche ai medici ed agli altri operatori sanitari dirigenti e non;
b) agevola il processo di aziendalizzazione favorendo l’affermazione del management in sanità dovendosi comunque tenere presente che l’obiettivo finale per chi opera in questo settore è il raggiungimento di risultati in “termini di salute” e non  in “termini di contenimento dei costi”.  
In tale contesto mentre è indispensabile fornire  servizi e  prestazioni sanitarie appropriate, cioè in grado di soddisfare i cittadini, è parimenti indispensabile farsi carico di perseguire detto obiettivo attraverso il razionale uso delle risorse e quindi avendo presenti gli aspetti dell’economicità e dell’efficienza nonché la necessità di gestire con approppriatezza gli aspetti organizzativi, amministrativi ed, in linea più generale, di supporto all’attività assistenziale (qualità gestionale).  Ciò impone al Direttore Generale di ispirare il suo operare quotidiano alle teorie del management, nonché di tenere conto del fatto che costi e strutture vanno correlati al volume di attività da svolgere e che la loro adeguatezza alle necessità ed ai risultati in termini di quantità e di efficacia è obiettivo irrinunciabile del servizio sanitario.
Da quanto precede consegue che il Direttore Generale e tutti i dirigenti che hanno responsabilità di programmazione, organizzazione, e gestione dei servizi sanitari, in primis i medici, devono agire in modo da perseguire e realizzare il  miglioramento delle qualità delle prestazioni e contestualmente il contenimento dei costi.
Il controllo di gestione, qualunque sia la tipologia prescelta da parte di ciascuna Azienda Sanitaria, costituisce elemento irrinunciabile ed imprescindibile  in quanto consente  di sconoscere e monitorare consumi, strategie e risultati raggiunti in relazione agli obiettivi di politica sanitaria aziendale prestabiliti.
Esso infatti costituirà in ogni caso un “sistema” e cioè un “insieme coordinato ed integrato” di criteri, strumenti, metodologie e procedure finalizzati ad attivare un processo iterativo di programmazione degli obiettivi da conseguire e di verifica costante  della rispondenza dell’andamento gestionale quotidiano rispetto agli stessi in un contesto, lo si ripete, della massima efficacia e della massima efficienza possibili, che tenga conto anche  dei contenuti di carattere tecnico-professionale capaci di orientare e supportare la gestione  in una  logica di qualità totale. 
Il raggiungimento dei risultati indicati presuppone:
a) il recupero delle notizie/dati con il consenso degli operatori interessati, onde evitare che gli stessi considerino l’iniziativa come “strumento di controllo”;
b) la previsione che i responsabili dei singoli centri di costo rispondano al responsabile del  centro di responsabilità di riferimento, ferma restando la consapevolezza di poter e dover contare sulle risorse loro affidate  e di dover rispondere del loro utilizzo con riferimento agli obiettivi concordati;
onde consentire al sistema di controllo di gestione prescelto di trasformarsi da mero atto contabile a processo direzionale/manageriale, attraverso l’utilizzo di tre diverse tecniche aziendali e cioè:
- il budgeting,  inteso come “sistema” previsionale in cui la Direzione stabilisce gli obiettivi generali e concorda con i responsabili dei centri di responsabilità ( di norma  i responsabili di ciascuna “struttura complessa”) le risorse da impiegare  ed i tempi per raggiungerli nonché, opportunamente, gli indicatori e gli standards attraverso cui procedere alla verifica;
- la contabilità analitica, intesa come “sistema” di rilevazione corrente dei fenomeni aziendali, avendo presente che la stessa è realizzabile solo giovandosi di un adeguato sistema informativo;
- il reporting, inteso come “sistema” che attraverso l’utilizzo di indicatori di sintesi consenta di raffrontare/coniugare i dati ricavati dall’applicazione delle due tecniche aziendali precedenti per concretizzare una oggettiva attività di valutazione.
L’approfondimento fin qui sviluppato, riteniamo, abbia sufficientemente dimostrato come un sistema di controllo di gestione finalizzato a favorire il processo decisionale sia irrinunciabile perché l’Azienda operi in maniera efficiente ed efficace; nonostante che le ultime scelte legislative (vedasi D.L.gs. 30 luglio 1999, n.286) sembrano aver focalizzato l’attenzione sul processo di definizione della “missione” delle singole Aziende Sanitarie e sulla successiva valutazione del suo perseguimento, facendo venir meno la fase di forte attenzione sul controllo di gestione ma confermando  nella sostanza la validità  di quest’ultimo. Infatti le più importanti funzioni dallo stesso realizzate, e cioè la gestione della contabilità analitica e l’attivazione del sistema di budget, assumono particolare rilevanza nel  processo che si sviluppa a valle delle scelte strategiche aziendali e della definizione del relativo piano di attività (PAL) in quanto consentono la verifica sia in corso d’opera che a consuntivo della coerenza tra obiettivi e scelte operative adottate con possibilità di evidenziazione dei problemi insorti in fase attuativa e di individuazione dei responsabili in caso di parziale o totale insuccesso e conseguentemente di ridefinire le scelte strategiche piuttosto che il modello organizzativo “adottato” per realizzarle.
 

 

Dr Gian Franco Carnevali

ex Direttore Generale Azienda Ospedale - Perugia